IL BUCO RAI

Se la Rai arranca è colpa dei cittadini?

02 Fbbraio 2014





Cerchiamo di capire qualcosa della RAI: Radio Televisione Italiana.
La Rai necessita di 2.900 milioni di euro all’anno (quasi 3 miliardi di euro). La raccolta attraverso la tassa annuale nota come Canone-Rai si aggira sui 1800 milioni. In realtà i bollettini emessi per la riscossione equivalgono a circa 2,3 miliardi ma il 25% dei residenti in Italia non paga il canone. Tale fenomeno è andato ad accentuarsi dal 2011 ad aggi, portando questa percentuale verso un trend che si attesta intorno al 30%, con mezzo miliardo di mancate entrate.
Altre entrate della Rai sono collegabili alle produzioni e fiction, ma il core business da sviluppare è senza dubbio la pubblicità. La concessionaria pubblicitaria parastatale è la SIPRA (sono ancora gli stessi dei tempi del noto Carosello), la raccolta pubblicitaria è scesa da circa un miliardo a poco più di 600 milioni (e il trend verte ulteriormente verso il calo). Tutto ciò ha prodotto un buco nei bilanci dal 2005 ad oggi che si fa sempre più voragine.
Nonostante i trend si manifestassero in modo chiaro e prevedibili, a viale Mazzini non hanno cambiato nulla o, al massimo, hanno fatto finta di cambiare qualcosa, riducendo qualche costo alle cosiddette “manovalanze” (staff “secondario” e costi di produzioni nell’ordine del 1% o poco più) e hanno lasciato invariate invece alcune voci, in modo particolare, quelle che riguardano i “compensi” dei volti ormai noti, tipo Fabio Fazio.
La Rai ha chiesto, anche a seguito delle strigliate della Corte dei Conti, un finanziamento statale di circa 2,3 miliardi (una mini IMU aggiuntiva per noi) .
Da un sondaggio degli addetti ai lavori dell’advertising è emerso che una minima parte della riluttanza verso il canone è certamente attribuibile alla crisi, e più precisamente, al taglio di quelle spese non prioritarie che molte famiglie sono costrette a fare, ma un buon 30% è dovuto alla insoddisfazione di una parte di cittadini nel vedere una costante satira, demonizzazione politica unilaterale e una informazione spesso partitocraticamente schierata (sempre dalla stessa parte).
Memorabile fu la dichiarazione che forzatamente Enzo Biagi durante il silenzio di legge pre-elettorale “estorse”  in diretta a Benigni la scelta di voto fra i due esponenti per i quali il giorno dopo si sarebbe dovuto votare (per me fu una vergogna) ricordiamo inoltre che lo scomparso  Enzo Biagi, colui che curava tralaltro quei pochi minuti al giorno de “Il Fatto” ci costava all’epoca 2 miliardi di lire all’anno). Non trascurabile infine è l’alta percentuale dei non paganti attribuibile ai residenti stranieri. Pertanto, tutto sommato ritengo che per i fattori appena esposti, l’evasione del Canone Rai si sarebbe potuta manifestare anche più drammatica. Il buco di bilancio che ogni anno si verifica oscilla dai 200 ai 300 milioni (dal 2005) e si è consolidato ad oltre 2,3 miliardi di euro.
Ma andiamo al sodo, per ora ho elencato cose che molti già sanno, andiamo alle previsioni e magari, possiamo regalare qualche proposta costruttiva ai signori dell’informazione.

LA RAI E LA POLITICA
Innanzitutto ho due quesiti che vorrei condividete con chi sta leggendo, il primo è legato alla domanda che spesso mi pongo circa la necessità della spartizione partitocratica della Rai. Resta ovvio che un mezzo come la Rai debba essere partecipato da tutti, ma non condivido che, ad esempio, RAI3 debba essere costantemente ad immagine e somiglianza di figure come: Fazio, Berlinguer, Floris e via scorrendo. Chi l’ha deciso? Resta ovvio che serve un controllo dall’esterno dei programmi per scongiurare la politicizzazione dei contenuti. Ma qui si riscontra esattamente il contrario, è proprio dai contenuti dei programmi che si capisce chiaramente da chi è controllata la rete. Ma vi sembra normale? In poche parole guardano le tutele dalla parte opposta.

LA RAI – SIPRA E LA CAPACITÀ DI ATTIRARE INVESTIMENTI ADV
Ora facciamo un calcolo insieme, nel grafico si vede chiaramente il billing annuale degli investimenti aziendali in pubblicità, essi sfiorano i 7 miliardi di Euro e, come si evince, la TV la fa da padrona. Ma come è possibile che alla Rai si riesca a prendere solo 600 milioni? Com’è che questi bravi manager hanno perso in un solo anno circa il 32%? Non è che a volte vengono usati listini diversi per aziende diverse? La mia è solo una supposizione senza malizia ovviamente. Ma vi garantisco anche anche in esperienze dirette sono riuscito, grazie ai buoni rapporti con alcuni editori, a “strappare” prezzi di favore a vantaggio di qualche azienda a me affidatasi. Comunque resta il fatto che i media planner del marketing investono in base alla qualità dei contenuti dei vari format messi in palinsesto e naturalmente in base a quanto quel pubblico possa essere appetibile come consumatore.



Ora ammettiamo che l’Italia fosse divisa esattamente in due parti uguali, come cultura, idea politica ecc. (a parte il potere di acquisto) ed i prodotti che voglio pubblicizzare siano ambiti a volte da una sola parte del pubblico a volte dall’altra e, in altri casi, da ambo le parti; se al riscontro che il palinsesto Rai parli in prevalenza ad una sola parte del pubblico io cosa faccio? Semplice, mi oriento altrove, laddove si comunica al pubblico a me interessato.
Ecco che a volte si vedono spot che promuovono un allegato ad un periodico come l’Espresso, a volte su altre reti prevalgono iniziative rivolte ai lettori di Panorama, oppure, da una parte prevale un’azienda Cooperativa, dall’altra un marchio di una Spa del nordest ecc. Chiaro?
 Per non parlare di spot di Banche ed assicurazioni all’interno di format “ben confezionati”, ad esempio Monte dei Paschi di Siena, Unipol, e simili da una parte e Mediolanum, Milano Assicurazioni dall’altra.
Va ricordato che i pubblicitari pianificano in base all’audience dei programmi, un palinsesto maggiormente moderato e meno fazioso, potrebbe garantire una scelta più ampia al mercato e, di conseguenza, anche maggiori investimenti pubblicitari. La qualità dell’informazione si manifesta nella misura in cui si vengono a riportare i fatti senza alcuna interpretazione da parte dell’editore, oppure, che una eventuale l’interpretazione vi sia, ma che almeno possa tutelare il pubblico attraverso un bilanciato ed equo confronto. Se oltre all’interpretazione da parte dell’editore si cerca di indirizzare il pubblico verso una precisa parte politica, allora decade proprio il termine “informazione” siamo in presenza di una reale propaganda scorretta, perchè finanziata anche da chi non la condivide, e la Rai va ripetuto, dovrebbe essere un servizio pubblico statale. In merito al concetto appena esposto alcuni mi chiedono cosa ne penso di trasmissioni come Ballarò di Rai3, posso definire il tutto in un’unica frase: «Va reputata come un arrogante megafono partitocratico, un vero e proprio teatrino che troppo spesso insulta la vera informazione e l’intelligenza degli italiani». Molti marchi proibiscono addirittura ai planners di essere promossi durante trasmissioni come Ballarò, proprio per evitare distorsioni d’immagine e credibilità, tutto a danno delle casse pubbliche e dei finanziamenti necessari a format di nicchia e di qualità culturale di cui la Rai ne avrebbe tanto bisogno.
RAI: SPECCHIO DELLA SOCIETA’ E OMERTA’ ASSERVITA
Vi ricordate le fiction moderne? Dove tutto era sfarzoso, bello, ricco, un modo che spronava il popolo ad essere sempre più ambizioso, a firmare le cambiali per il “macchinone”. Be’ è roba del passato, vedrete che le prossime fiction saranno confezionate in toni molto ridotti. Fateci caso, se prima la rete Uno, Rai Uno era allineata prevalentemente ai cattolici, ora ha compiuto un grande spostamento, pur riservando un certo spazio “Papale” ha dato una sterzata molto più a sinistra con il block notes compilato dall’Europa. Grave molto grave. Ogni sondaggio cerca di far vedere che Euro è bello, che i burocrati di Bruxelles si fanno un mazzo tutto il giorno per il nostro beneficio e via scorrendo. Ma questo lo si denota anche dai nuovi spot delle multinazionali. Vi faccio qualche esempio che può stimolarvi anche in un gioco che possa alleggerire la drammaticità della situazione.
Ad esempio prendiamo la Ferrero, vi ricordate la signora in giallo? In Rolls Royce col maggiordomo Ambrogio? Il lusso era pazzesco, quasi da far sentire un dentista italiano un pezzente, eppure era solo per far immedesimare i consumatori di coiccolatini Ferrero Rocher. Ora vedrete che man mano scenderà sempre di più il livello. Aggiungo, quando c’erano scene girate nelle case, o erano poderi toscani meravigliosi (vedasi Mulino Bianco) o lussuosi loft, ora per il Kinder Bueno (nuovo spot) che  sarà in onda in questi giorni, vedrete che il condominio è di livello “case popolari”, e l’auto familiare rientra nel budget di una utilitaria da massimo 13 mila euro. Secondo voi cosa ci stanno comunicando? A quali riferimenti ci dovremmo rapportare? Bè di questo se volete se ne può parlare in una prossima riflessione magari proprio su vostro suggerimento. Prima di concludere vorrei aggiungere due cosuccie, la prima riguarda Sanremo che l’anno scorso ha chiuso con un buco di 2,5 milioni ma faranno ricadere la perdita su altri format per evitare critiche e “spalmare” le rimanenze delle pianificazioni pubblicitarie a loro comodo in termini di biliancino d’esercizio, mentre per quello di quest’anno hanno promozionato in forma dumping gli spazi pubblicitari per concentrarli proprio durante il Festival in modo da sfoggiare un artificiale pareggio di bilancio, ma . . . come si dice a Napoli «ca nisciuno è fess». L’altra cosa, che richiederebbe un intero libro a mio avviso, riguarda l’omertà, specie di Rai Uno sulle reali cause della crisi, mai una parola nei Tg sull’Euro (eppure oltre il 50% in Italia lo contesta ormai), mai una parola di disapprovazione in merito alla Troika e così via, come se non bastasse, tali spazi vengono invece riempiti, a turno, con dettami politici che distraggono l’attenzione proprio su questi temi e cercano di imboccarci con storie di sprechi, auto blu, spese di rimborsi regionali discutibili ecc.
Tutte cose più facili e comode da dare in pasto al popolo. Nessuno parla inoltre in modo sufficiente della italianità che si è volatilizzata all’estero, quella invece morta, dei suicidi . . .o dei meriti delle innovazioni italiane di cui oggi se ne fregiano proprio le industrie tedesche. Anche qui le curve di disaffezione verso la Rai e verso tutti gli organi filo-governativi e filo-Troika stanno dando la loro evidenza in modo eclatante. Basti incrociare i dati del Canone con i dati dei quotidiani più importanti che stanno perdendo centinaia di migliaia di copie per la scellerata scelta di “aggiustare” l’informazione a vantaggio di certi poteri e di omettere gli argomenti scatenanti di questa crisi. Riproduco grafico dei due maggiori quotidiani italiani che stanno perdendo, come il canone Rai, consenso e consumatori, ogni giorno, mentre altri organi come Libero e Il Giornale vedono un trend opposto, sarà anche questo un caso?



Quando vivevo all’estero mi vantavo di esser nato nel Paese della Ferrari. Ieri un mio collega di Kiev mi ha mandato una email che chiudeva dicendo «Carlo pensa se un giorno il vostro marchio Ferrari diventasse Anglo-Americano e magari la mitica Ferrari venisse assemblata anzichè a Modena, proprio in uno dei nostri paesi dell’Europa dell’est». Sono balzato dalla sedia e mi sono precipitato alla televisione, ho girato tutti i canali Rai per timore di una notizia così sconvolgente. Per fortuna nessun TG diceva una cosa così orribile. Sono andato a letto felice e contento.


Una veduta dello stabilimento della Ferrari


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